“Non si nomina Bruno”. Talenti, profezie e aspettative.
We don’t talk about Bruno.
Sono stata tormentata per diversi mesi dal ritornello di questa canzone al punto che ora questa frase è diventata una realtà: meglio non nominare Bruno! … Altrimenti il rischio è di riaccendere la passione per il popolare cartone animato della Disney, Encanto (premiato con l’Oscar, il Golden Globe e il BAFTA per il miglior film d’animazione nel 2022) e di avere un bimbo per casa che canta non-stop la celebre colonna sonora.
Per chi ha bambini, nipoti, figli di amici che girano per casa penso sia stato impossibile non farsi travolgere da Encanto.
Digiuna da un po’ di cartoni della Disney, questo film di animazione mi ha stupito. Sarà per i colori, le musiche, oppure perché molti dei temi trattati oggi li ritrovo nel mondo del lavoro. Encanto parla di una famiglia (potremmo quasi azzardarci a dire di un’impresa di famiglia), di generazioni a confronto, di talenti, pressioni e aspettative.
A differenza dei film Disney del passato, gli autori piuttosto di concentrarsi sullo sviluppo delle storie di al massimo uno o due protagonisti come solitamente avviene, hanno deciso di mettere al centro della storia un’intera famiglia (ben 12 componenti) e le loro dinamiche.
Nella famiglia Madrigal, dunque, ci sono i fondatori Pedro (passato a miglior vita) e Alma (nonna, Abuela) e i loro tre figli: Julieta e Pepa che a loro volta hanno allargato la famiglia e Bruno, diciamo… un po’ “strano”.
La famiglia Madrigal non è come le altre: è particolarmente talentuosa, sono famosi per essere “I mitici Madrigal“.
All’età di cinque anni ogni membro della famiglia, seguendo un preciso rituale che viene tramandato dalla prima generazione, scopre il suo superpotere con cui si impegna ad essere di utilità ai compaesani del villaggio. Il rituale è un evento festoso a cui accorre l’intera comunità. Per gli eredi della famiglia Madrigal, tuttavia, più che una festa questo sembra essere un momento di pressione:
“Se scopro di non avere talento?”
“Se questo talento non fosse di utilità, anzi?”
Forse per la regola della profezia auto-avverante a Bruno e a Mirabel va proprio così.
Il primo riceve il dono di predire il futuro. Le sue visioni svelano però qualcosa di catastrofico, andando contro l’immagine de “I mitici Madrigal” che la famiglia, la nonna in particolare, vuole custodire. La famiglia Madrigal perderà il potere per cui è rinomata e la casa magica in cui vive (Casita) andrà distrutta. Per proteggere i familiari da una visione infausta e che nessuno accetterebbe, Bruno vive allora in un angolo nascosto della casa senza mai farsi vedere.
Mirabel invece, con grande dispiacere della nonna e degli altri familiari, scopre di non avere nessun talento. Prova a rendersi utile a suo modo, ma non c’è confronto tra lei e gli altri parenti che non perdono l’occasione per manifestarle la sua mancanza di talento, di senso. Per la prima volta Disney crea un eroe umano. Non ha un talento, ha una vita “normale”, non fa cose particolarmente eccezionali. Mirabel risulta goffa perfino affianco al suo cuginetto di cinque anni per cui invece il futuro è chiaro: ha la passione per gli animali e il suo dono sarà appunto di poter parlare con tutte le specie esistenti.
La Disney racconta che non avere un talento può essere una sfortuna, ma che averne uno può essere altrettanto pesante.
È così per la sorella maggiore di Mirabel, Isabela, che sembra averle tutte: è giovane, bella, di successo, perfetta, la figlia ideale su cui la famiglia punta tutto. Pur di compiacere la famiglia Isabela è disposta a sposare un giovane di cui non è innamorata. Eppure, in fondo in fondo vorrebbe poter fare le cose diversamente, vivere una vita più “normale”, a modo suo.
Lo stesso vale per Luisa, altra sorella di Mirabel, capace di sollevare ogni peso tranne quello delle aspettative che sente su di sé, quelle di una persona che non può mollare e che deve essere sempre all’altezza di poter aiutare gli altri.
Via via che il film si sviluppa, la visione di Bruno comincia a realizzarsi. Nella casa cominciano a comparire crepe ovunque, la magia perde il suo potere mettendo a rischio il nome della famiglia e la sua utilità nella comunità.
Tutti piano piano si accorgono del cambiamento che è in corso e si disperano. Luisa, ad esempio, sente che la forza sta venendo meno, si sta via via indebolendo. Ha paura di cadere e di non sapere cosa fare della sua vita qualora il suo talento venisse meno. Lei è (solo) il suo talento.
“Non saprei che fare, che ruolo avrò se vacillo?“. Il brano musicale che gli autori mettono in bocca a Luisa è uno dei più celebri di Encanto. Dietro ad una canzone dal ritmo travolgente in cui sembra che Luisa cerchi di auto-convincersi della sua forza, emerge la fragilità di chi vuol apparire forte ma che dentro è lì lì per spezzarsi (“Sono un palloncino che sta per fare pop”) e che non riesce a trovare un po’ di pace.
Abuela, la nonna, nel tentativo vano di fermare il cambiamento, richiama la famiglia all’ordine chiedendo a tutti di sforzarsi ancora di più nel lavoro e nell’uso del loro talento. Gli sforzi però non servono ad impedire alle crepe di farsi sempre più evidenti.
Anche il villaggio comincia a sospettare che stia succedendo qualcosa, ma la nonna cerca di smentire ogni voce: “La magia è forte, non c’è niente che non va. Noi siamo i Madrigal!”
Si cerca disperatamente di tenere tutto insieme, quando qualcosa internamente si sta sgretolando. Ormai la casa è destinata a crollare.
Un giorno, di fronte all’ennesimo commento negativo di Abuela verso la nipote senza talento e ritenuta la causa dei mali della famiglia, Mirabel scoppia. Finisce così per esprimere alla nonna come l’eccessiva attenzione e ostentazione dei talenti dei membri della famiglia siano causa delle pressioni subite e dei problemi che affliggono Casita.
La casa magica crolla lasciando la famiglia devastata.
È solo nel momento in cui Abuela e Mirabel si riconciliano che tutto rinasce. Abuela, quando tutto è perduto, comprende di aver perso di vista la vera forza della famiglia Madrigal: il legame, la relazione tra le persone più che il loro dono, il loro talento. Con l’aiuto dei compaesani, la casa viene allora ricostruita e ai familiari sono restituiti i loro poteri.
Guardando questo film mi sono chiesta quante volte nelle organizzazioni si rischia di perdere di vista il vero punto di forza, la relazione tra le persone. Può accadere che le persone smettano di essere viste come persone ma trasformate nel loro fare, nel ruolo con cui hanno fatto ingresso nell’organizzazione, ignorando che nel tempo potrebbero invece scoprire e sviluppare altri talenti o che potrebbero avere altri desideri da realizzare.
Può capitare che qualcuno, sia nelle organizzazioni che nella società più in generale, viva “male” il suo talento, come una gabbia più che come un punto di forza. Un talento che lo identifica e che ad un certo punto sta stretto o che crea aspettative e pressioni.
E ancora, può succedere nelle famiglie che qualcuno abbia un talento diverso dagli altri, incompreso, che non sembra di utilità finendo per essere messo da parte o costretto in ruoli che non lo realizzano.
Infine, nelle organizzazioni potrebbero esistere molte “Mirabel”, persone che non sembrano emergere per un particolare talento (o potremmo definirla specializzazione verticale?), ma la cui presenza conferisce armonia all’organizzazione, come forza integratrice tra le persone.
Ancora una volta Disney va a segno nel tentativo di unire fantasia e quotidianità, di intrattenere i più piccoli, di lasciare un messaggio a chi sta cercando la sua strada e a chi ha ruoli di guida, nelle famiglie, nelle organizzazioni e nella società più in generale.
Food for thought…